Un estratto dal libro "La macchina della verità" di Seth Stephens-Davidowitz, il data scientist che ha svelato il modo corretto di interpretare i Big Data.
In realtà, provare cose che già si sospettano, ma per le quali si dispone di poche prove, ha un suo valore. Sospettare è un conto. Avere le prove è tutt'altra cosa. Ma se i Big Data potessero solo confermare sospetti preesistenti, non sarebbero rivoluzionari.
Per fortuna, i Big Data possono fare molto di più. Di volta in volta, possono mostrare che il mondo funziona esattamente all'opposto di ciò che si immagina. Ecco alcuni esempi che potreste trovare più sorprendenti.
Potreste pensare che una delle principali cause del razzismo sia l'insicurezza economica e la vulnerabilità. Il sospetto più diffuso, quindi, è che quando le persone perdono il lavoro, il razzismo aumenta.
Ma, in realtà, né le ricerche di stampo razzista né l'appartenenza a Stormfront aumentano con la disoccupazione. Si potrebbe pensare che l'ansia sia un problema più diffuso nelle grandi città sovraffollate. Il nevrotico urbano è un famoso stereotipo.
Ma le ricerche su Google che riguardano l'ansia – come "sintomi dell'ansia" o "aiuto per ansia" – tendono a essere più frequenti in luoghi con livelli di istruzione e redditi medi più bassi e dove una parte più ampia della popolazione vive in aree rurali. Ci sono tassi di ricerche sull’ansia più elevati nelle zone rurali dello Stato di New York, rispetto a New York City.
Potreste essere portati a pensare che un attacco terroristico che uccide decine o centinaia di persone sia automaticamente seguito da un'ansia grave e su larga scala. Il terrorismo, per definizione, dovrebbe infondere un senso di terrore.