Il tema della misurazione dei rischi connessi ad attività finanziarie è da tempo un elemento centrale nel lavoro di banche, assicurazioni e istituzioni. La gestione del rischio — o risk management – è ormai essenziale per valutare l’esposizione ai diversi fattori di rischio che caratterizzano le operazioni finanziarie e le regolamentazioni dei vari settori impongono l’attuazione di procedure per il calcolo, quanto più accurato possibile, della rischiosità delle attività finanziarie. La regolamentazione fornita dagli Accordi di Basilea per il settore bancario ne è un esempio e in essi è esplicitamente richiesto il ricorso a strumenti quantitativi quali le misure di rischio. Il più noto esempio di questo strumento è il Value at Risk.
Grazie a questa motivazione, dal termine del secolo scorso nella letteratura accademica della matematica finanziaria è cresciuto sempre più il numero di studi sulle misure di rischio. A partire da una precisa definizione assiomatica nel celebre lavoro del 1999 di P. Artzner, F. Delbaen, J.-M. Eber e D. Heath[1], l’obiettivo è fornire un’analisi approfondita delle principali proprietà che una misura di rischio può possedere, le quali occorrono a catturare importanti concetti finanziari (quale, ad esempio, la diversificazione).