LUISS Open ieri ha incontrato Manuel Valls, primo ministro socialista francese dal 31 marzo 2014 al 6 dicembre 2016, oggi deputato con il gruppo La République en marche del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron. Ecco alcune delle domande che gli abbiamo fatto in occasione del suo seminario organizzato dalla LUISS School of Government.
Riforma del lavoro in patria, nuovo protagonismo in Europa e un progetto di riforma costituzionale molto popolare. Qual è il bilancio di questi primi 10 mesi di Presidenza Macron in Francia?
Si può dire che le cose vadano nella giusta direzione, che i francesi siano fieri dell'immagine della Francia all'estero, e che sia partito un movimento riformatore con tante sfide davanti a sé. L'opinione pubblica però appare pronta e favorevole a cogliere tali sfide. I francesi infatti hanno la sensazione che il loro paese sia tornato sulla scena europea e che possa essere protagonista delle riforme in Europa. Avverto pure che riforme importanti sono avvenute nel Paese, penso ai cambiamenti sul mercato del lavoro. Inoltre vedono risultati economici positivi, risultati che vengono da lontano. Infine realizzano che profondi cambiamenti sono in corso in settori diversi come la scuola o la vita politica, essendo in vista riforme costituzionali. Insomma, apprezzano un presidente che incarna la Francia, che supera il clivage destra-sinistra e che ha rimesso finalmente la Francia in moto.
In questi primi 10 mesi di Presidenza Macron, il governo ha approvato una radicale riforma del lavoro, senza le barricate di tutti i sindacati. Cosa è cambiato rispetto agli sforzi titanici che faceste voi con la legge El Khomri sotto la Presidenza Hollande?
La riforma di oggi è possibile anche perché una parte del lavoro era già stata fatta ai miei tempi e l'opposizione si era già manifestata in quel momento. Poi bisogna riconoscere che stavolta la riforma del mercato del lavoro era stata un impegno preso apertamente in campagna elettorale, Macron dunque è stato eletto col mandato di portarla a termine. I francesi dunque hanno apprezzato il tempo concesso alla concertazione ma anche il tempo della decisione. Stavolta, insomma, l'opinione pubblica era pronta ad accettare riforme – anche radicali – che favoriscono la crescita economica.
Dopo le elezioni presidenziali del 2017 e l'affermazione del movimento centrista "En Marche", il panorama politico francese è mutato per sempre oppure secondo lei potrà ricomporsi il classico clivage destra-sinistra?
Credo che la ricomposizione politica sia ancora in corso. La mia convinzione personale però è che non torneremo più indietro. C'è un desiderio forte dei francesi di superare il clivage destra-sinistra. Non so prevedere il futuro, ma questo cambiamento è irreversibile.
Lei già nel 2014 disse che la sinistra correva "il rischio di morire". La profezia si è avverata? E qual è stato il morbo letale per la gauche?
I valori della sinistra esistono ancora. Il Partito socialista però è morto in Francia, e penso che il ciclo della socialdemocrazia in tutta Europa sia finito. Quando non si guarda al mondo per come esso è, quando non si offrono risposte chiare alla globalizzazione economica e soprattutto alla crisi identitaria e culturale, quando non ci si confronta con i problemi di terrorismo e immigrazione, quando non c'è una risposta di sinistra a tutti questi problemi, il rischio è di essere battuti e perfino di scomparire.