Con i sondaggi politico-elettorali che circolano nelle ultime settimane, molti analisti tornano a darsi di gomito e ad avvertirci: "Silvio Berlusconi ancora una volta va preso sul serio". Ci sarebbe un po’ meno "effetto-sorpresa" se gli stessi analisti avessero preso sul serio – e per tempo – il tipico elettore berlusconiano. È quello che tenterò di fare in questa sede. Partendo da una domanda: perché gli elettori nelle democrazie mature, a volte, optano per quelli che all’estero sono chiamati "populisti plutocratici"?
Una possibile risposta è la seguente: perché gli elettori sono immorali o stupidi, oppure entrambe le cose allo stesso tempo. Questa risposta è decisamente soddisfacente per coloro che hanno costruito la propria identità politica in radicale opposizione con gli slogan populisti. Ed è stata ripetuta infinite volte da politici e intellettuali progressisti nell’Italia di Berlusconi. Come pure è implicita nell’ormai celebre espressione "deplorevoli" usata in modo denigratorio dall’ex candidata democratica alla Casa Bianca, Hillary Clinton. Per quanto tale approccio possa essere soddisfacente in termini di politica identitaria, però, una risposta così piena di pregiudizi potrebbe essere confermata dalla ricerca empirica ma anche smentita. Nell’ipotesi tale risposta fosse errata, o anche solo parziale, essa potrebbe comportare la rovina di coloro che sfidano elettoralmente i populisti. È difficile per esempio dubitare del fatto che la riconosciuta incapacità degli oppositori di Berlusconi di comprendere lui e i suoi elettori spieghi tanta parte dei ripetuti successi elettorali del tycoon italiano.
Mettere da parte i nostri pregiudizi, comprendere le ragioni di coloro che votano per i populisti plutocratici, sforzarsi di guardare al mondo dal loro punto di vista, ecco cosa è necessario fare per tentare di trovare una risposta alla domanda da cui siamo partiti. Oltre che per accrescere – per chi lo desidera – le possibilità di sconfiggere i populisti nelle urne. Le mie considerazioni sono basate essenzialmente sul caso italiano che ho studiato e approfondito nel libro Il berlusconismo nella storia d’Italia. D’altra parte molto di ciò che è accaduto in Italia e che aiuta a capire il fenomeno Berlusconi non è appannaggio soltanto del nostro Paese. La delegittimazione del "politico" come campo specifico e autonomo dell’azione umana, con le sue regole specifiche e con l’altrettanto specifica necessità di personale che alla politica sia dedicato.
L’"invasione", all’interno del campo politico, da parte di princìpi e persone che provengono dalle aziende private, dalle tecnocrazie pubbliche e dal settore giudiziario. La relazione cangiante tra politica e tempo. L’importanza crescente del cleavage orizzontale fra popolo ed élite e il rilievo sempre minore del cleavage verticale tra sinistra e destra. La crescente rilevanza politica delle emozioni. Il divorzio fra potere e responsabilità che trasforma i politici in capri espiatori perfetti, destinati a essere incolpati di problemi che non hanno più la possibilità concreta di risolvere. L’Italia, nel complesso, è particolarmente interessante perché ha anticipato e mostrato su ampia scala tutte le caratteristiche elencate sopra, che oggi possono però essere osservate pure in tutte le altre democrazie.