Con lo scopo di rendere la politica estera dell'Unione Europea più coerente ed efficiente, il Trattato di Lisbona (2009) ha modificato le funzioni istituzionali della figura dell'Alto Rappresentante e promosso l'istituzione del Servizio Europeo per l'Azione Esterna.
Il Trattato ha infatti attribuito all'Alto Rappresentante la prerogativa di presiedere il Consiglio Affari Esteri – il forum intergovernativo che riunisce i ministri degli Affari esteri degli Stati membri – e lo ha reso uno dei Vice-Presidenti della Commissione europea.
La speranza di fondo era che il "doppio cappello" potesse permettere a chi avesse ricoperto questo ruolo di coordinare gli aspetti inter-governativi della politica estera e di sicurezza dell'Unione – fondati sulla messa in comune di risorse nazionali –, con gli aspetti sopranazionali dell'azione esternadell'Ue – quelli in cui, cioè, gli Stati membri hanno devoluto fin dalle prime fasi dell'integrazione europea la propria sovranità alle istituzioni dell'Unione.
La politica estera UE tra teoria e pratica
Da allora, l'Unione si è trovata ad affrontare diverse crisi, fra cui le transizioni politiche in Nord Africa e Medio Oriente, l'emergenza migranti, i conflitti politico-militari nel proprio vicinato e le crescenti tensioni con la Russia a est. Eppure, è opinione comune che, nonostante l'entrata in vigore di queste modifiche istituzionali, la risposta di Bruxelles a questi eventi sia stata spesso insufficiente, tardiva o scarsamente efficace.
Così, da brutto anatroccolo del processo di integrazione, negli ultimi anni la politica estera e sicurezza dell'UE ne è diventato il capro espiatorio. Tuttavia, il numero di critiche ricevute – spesso fondate – non corrisponde ad altrettante analisi del funzionamento di questo settore di policy. Da un lato, le fonti giornalistiche e di analisi politica tendono ad adottare approcci orientati al caso specifico in cui si è verificata o e in corso una determinata crisi, evidenziando in maniera solitamente descrittiva le difficoltà contingenti della politica dell’Unione.
Dall'altro, l'elaborazione teorica riguardante l'integrazione in politica estera fra istituzioni e Stati membri dell'Unione è insufficiente e, nella maggior parte dei casi, applicata in maniera limitata. Non è un caso del resto che i risultati delle analisi condotte fino ad oggi adottino visioni dicotomiche riguardo la possibilità o meno che si verifichi l'integrazione fra gli Stati membri e le istituzioni dell'UE in politica estera e sicurezza.
Trattandosi di un'area in cui gli Stati sono stati tradizionalmente restii a devolvere le proprie prerogative sovrane, è infatti opinione diffusa fra gli studiosi di relazioni internazionali e dell'UE che le possibilità che si verifichi integrazione in aree di "high politics", come la politica estera e militare, siano minime.