Le previsioni sull'era dell'iperconnessione sono ormai entrate nella fase della "rappresentazione condivisa" ovvero della tendenza che inevitabilmente diventa realtà. Con il confine fra il "possibile" e il "probabile" ormai superato, anche grazie a tecnologie come il 5G e la sensoristica diffusa (Internet of Everything – IoE) che coinvolgeranno 30 miliardi di persone e oggetti entro il prossimo biennio e oltre 1 trilione (1.000 miliardi) entro un decennio. Insomma, le previsioni si avverano e i nuovi mercati iniziano a crescere.
È proprio in questi frangenti, tuttavia, che riemerge uno storico dilemma, sul valore attuale e su quello potenziale dei nuovi mercati, e quindi sullo scostamento fra ciò che è e ciò che potrebbe essere, e soprattutto sulle cause dello scostamento. Le tecnologie, come noto, non si affermano de plano; anzi.
E spesso il vero rischio commerciale, a livello aggregato e quindi di mercato prima ancora che di impresa, è conseguenza del fatto che il valore di una nuova tecnologia – sociale oltre che economico – non è godibile appieno per una serie di "barriere" all'adozione da parte della domanda (consumatori o organizzazioni); barriere che ostacolano quindi lo sviluppo del valore potenziale dei nuovi mercati.
Ebbene, le esperienze e gli studi degli ultimi trent'anni sul comportamento di adozione e di consumo delle tecnologie possono aiutarci quantomeno ad avere consapevolezza delle barriere per provare – se possibile – ad abbatterle o quantomeno ad abbassarle. Alcune barriere infatti sono ricorrenti, seppure ignorate sia in fase di market design istituzionale che di marketing design aziendale.