LUISS Open: Tutte le proposte di riforma dell'euro

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LUISS Open Euro Messori

LUISS Open ha incontrato Marcello Messori, economista e Direttore della LUISS School of European Political Economy, per commentare le proposte di riforma dell'Eurozona lanciate dalla Commissione europea e che i capi di governo inizieranno a discutere ufficialmente a partire da questa settimana.

Iniziamo dall'idea di far evolvere il Meccanismo europeo di stabilità (ESM) in un Fondo monetario europeo (FME). Cosa cambia davvero?
Il Fondo monetario europeo (FME) non è semplicemente un altro nome che viene attribuito al Meccanismo europeo di stabilità (ESM), insomma non siamo di fronte a un mero cambiamento cosmetico. Ci sono infatti almeno due novità interessanti che distingueranno il costituendo FME rispetto all’ESM. La prima è un rafforzamento delle funzioni di gestione della crisi. Attualmente l'ESM ha grossomodo quattro funzioni: 1) quella di gestire gli aiuti per gli Stati membri dell'Eurozona che hanno perso l'accesso ai mercati per finanziare il proprio debito pubblico (come è stato il caso con Irlanda, Portogallo e Grecia); 2) quella che deriva dalla prima riunione dello Eurosummit del giugno 2012, quando specie su spinta di Mario Monti fu stabilita la possibilità di un intervento dell'ESM più leggero rispetto a quello disegnato per Irlanda, Portogallo e Grecia, cioè un intervento che riguardi gli Stati membri che hanno ancora accesso al mercato ma che sono in forte difficoltà, prevedendosi la possibilità di un aiuto senza l’intervento della Troika, un meccanismo che non è mai stato attivato finora; 3) la possibilità di partecipare alla ricapitalizzazione di banche o settori bancari in difficoltà, passando attraverso il bilancio dello Stato membro che chiede l'aiuto fino a quando non è stato istituito il Single Supervisory Mechanism (SSM) dell'Unione bancaria, e solo successivamente attraverso il bilancio comune dell'ESM; 4) infine un regolamento del Fondo europeo di risoluzione – che costituisce la seconda gamba dell'Unione bancaria – prevedeva la possibilità che l'ESM fornisse garanzie, o in caso eccezionale finanziamenti, al Fondo unico di risoluzione (Single Resolution Fund). Adesso, con la proposta della Commissione, quest'ultima funzione che vede l'ESM – quindi il futuro FME – come backstop del secondo pilastro dell’Unione bancaria è espressa molto più chiaramente. Si prevede cioè che, pur con neutralità fiscale nel medio periodo, se il Single Resolution Fund non avesse risorse adeguate a fronteggiare la risoluzione di alcune banche, allora dovrà intervenire il nuovo FME sia con garanzie sia con finanziamenti. Un ulteriore elemento è stato sottovalutato. C’è un punto di questo documento in cui la Commissione europea ipotizza – un po' tra le righe – che il FME possa emettere attività finanziarie diverse dalle attuali, soprattutto in funzione di stabilizzazione dell'economia. Ciò a cui pensa la Commissione è probabilmente la possibilità di intervenire per proteggere per esempio gli investimenti in una fase negativa del ciclo economico. Tuttavia c'è anche una lettura diversa, che mi è cara, e cioè che il futuro FME possa a un certo punto emettere un titolo composito – cioè composto dai titoli pubblici di vari Stati membri – per affrontare il problema dell'eccessiva esposizione dei settori bancari nazionali verso i rispettivi debiti pubblici. Questo passaggio apre dunque prospettive inedite che non vanno sottovalutate.

Il FME avrà nuove funzioni rispetto all'ESM, ma anche una nuova governance…
C'è una duplice innovazione che riguarda la governance di questo meccanismo: a) il FME sarà una entità europea, a differenza dell'ESM che oggi non fa parte del setting istituzionale europeo ma è un trattato internazionale; b) il FME continuerà a procedere all’unanimità dei suoi membri per alcune decisioni strategiche, mentre potranno essere prese a maggioranza qualificata rafforzata – cioè con l'85% dei voti – quelle decisioni che hanno a che fare per esempio con la funzione di backstop bancario. Quest'ultimo è un po' un escamotage, nel senso che 85% dei voti vuol dire che i tre grandi paesi – Germania, Francia e Italia – manterranno un potere di veto.

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<p>Intervista al Professor Marcello Messori sulle riforme dell'Eurozona avanzate dalla Commissione europea</p>
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