La crisi che intendo analizzare è quella esplosa sui colli più alti di Roma tra la serata di domenica 28 maggio e il giorno seguente. A innescarla è stata la sequenza di tre scelte deliberate.
La prima: il Presidente della Repubblica si è rifiutato di nominare come ministro dell'Economia Paolo Savona, la persona scelta dai due partiti politici che stavano formando l'esecutivo, cioè il Movimento 5 Stelle e la Lega.
La seconda scelta è stata quella compiuta dalla Lega che ha reagito rifiutandosi di formare l'esecutivo.
Infine, la terza scelta: il Presidente Mattarella subito dopo ha offerto a un tecnico, Carlo Cottarelli, il mandato per formare un governo di transizione esterno ai partiti e per preparare così il Paese a nuove elezioni, da tenere non prima dell'inizio del 2019.
Nelle ore in cui accadeva tutto ciò, lo spread tra i tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e quelli tedeschi ha segnato il suo maggiore incremento in un solo giorno fin dalla fondazione dell’euro. Uno shock che si è presto trasmesso al resto dell'Europa e attraverso l'Atlantico.
Cosa dicono i critici di Mattarella
Vari analisti hanno sostenuto che le scelte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, avrebbero scalfito i princìpi democratici su cui si fonda l'Italia, e che inoltre sarebbero state dannose o controproducenti (segnalo, per esempio, Jan Zielonka, e poi con toni più radicali Yanis Varoufakis, e quindi in ordine alfabetico Paul Krugman, Branko Milanovic, Ann Pettifor, Helen Thompson). Non sono d'accordo con la prima tesi e dissento in parte anche dalla seconda.
In via preliminare, osservo che i commentatori che ho scelto di considerare, fra i tanti possibili, sono su posizioni distanti dagli alleati politici della Lega che invece hanno gridato al "colpo di Stato" (vedi Marine Le Pen). Le loro credenziali democratiche sono impeccabili ai miei occhi, e le loro motivazioni sono irreprensibili.