Ci sono dei numeri particolarmente importanti per capire l'evoluzione della politica italiana. I primi, come abbiamo già visto, sono 1,5, 2 e 3, ovvero per quanto si moltiplicano i voti della Lega rispettivamente al Nord, al Centro e al Sud. Ma ce ne sono altri forse anche più importanti, che vengono da un'interpretazione più approfondita dei flussi elettorali, ovvero delle stime dei movimenti di voto tra diversi partiti. Abbiamo già presentato, come altri istituti, diverse analisi di flusso (tra politiche 2018 e europee 2019); tuttavia – soprattutto quando ci sono tanti numeri – per trarne delle conclusioni utili bisogna individuare il filo in grado di sintetizzarli.
Nel caso dei flussi, un criterio abbastanza semplice e relativamente parsimonioso è quello di: 1) analizzare il tasso di fedeltà dell'elettorato di ciascun partito, che è un indicatore importante del suo stato di salute, e quindi di attrattività e competitività; 2) per i vincitori, analizzare le provenienze dei voti che hanno guadagnato; 3) per gli sconfitti, analizzare dove si sono dispersi i loro voti. Adottare questi semplici criteri permette di sintetizzare le informazioni anche di varie città in modo efficace.
Il tasso di fedeltà: quali partiti sono in salute?
Nelle analisi di flusso, il tasso di fedeltà a un partito (percentuale dei suoi elettori che conferma il voto) è un indicatore importante di salute e attrattività di un partito. Storicamente, nelle elezioni politiche in Italia si tratta di un indicatore che distingue in modo netto i vincitori dagli sconfitti: i primi tendono ad avere valori di fedeltà intorno al 75%, mentre i secondi raramente superano il 60% (De Sio e Schadee 2018). Ecco dunque che diventa questo un primo aspetto da valutare: quant'è il tasso di fedeltà di ciascun partito nelle varie città che abbiamo analizzato? Con un'avvertenza: nelle elezioni europee, che vedono sempre una partecipazione più bassa rispetto alle politiche, difficilmente ci si possono aspettare valori così alti. Ma vediamo i dati: in questo caso relativi, per brevità, a sole quattro città, ma con tendenze simili a quelle delle altre.
La Tabella 1 ci dice qualcosa di atteso e qualcosa di sorprendente. In primis, come atteso, la Lega vanta tassi di fedeltà molto alti (68% a Genova, 70 a Torino, 78 a Padova – pur con il solo 46 di Napoli), addirittura vicini a quelli di un vincitore in un'elezione politica: il che testimonia che Salvini è riuscito a mobilitare i suoi elettori con grande forza. Parallelamente vediamo la debolezza del M5S, che ha tassi appena vicini al 40%, e un fenomeno analogo per FI, con tassi ancora più bassi (intorno al 30%). Questi partiti appaiono davvero in crisi, così come LeU, il cui elettorato si è riversato su La Sinistra in misura davvero minoritaria.
Ci sono invece due dati inattesi: anzitutto FDI, che – a fronte di un quasi raddoppio elettorale – trattiene in realtà solo circa un terzo dei suoi elettori, mostrando quindi un ricambio molto forte. Ma soprattutto c'è il PD, che presenta tassi di fedeltà altissimi (tra il 75 e l'80%) che sarebbero tipici di un vincitore in un'elezione politica. Questo testimonia da un lato la capacità di mobilitazione del partito di Zingaretti, ma anche – interessante – la capacità di trattenere elettori nonostante il profilo programmatico di Zingaretti sia un po' diverso rispetto a quello di Renzi e Gentiloni. Di conseguenza questo indicatore mostrerebbe davvero una buona performance per il Pd.