Luiss Open: La pandemia e il possibile ruolo “fiscale” della politica monetaria

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Categoria News
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Il mondo assiste con terrore al diffondersi del COVID 19. L’emergenza sanitaria che ha prima colpito la Cina sta rapidamente dilagando ovunque. I sistemi ospedalieri e sanitari dei paesi sono messi sotto pressione, si conta un numero crescente di vittime e di malati che richiedono cure in terapia intensiva o sub intensiva.

A fianco di tali drammatici sviluppi, in meno di un mese le borse, dai massimi di inizio febbraio, hanno lasciato sul terreno figure comprese tra il 25 e il 40%, riduzioni di poco inferiori hanno interessato il debito corporate, in particolare nella categoria high yield. Le curve dei rendimenti governativi si sono rapidamente spostate verso l’alto, accompagnate da aumenti negli spread dei titoli emessi dai governi con finanze pubbliche più fragili.

Come già avvenne nel 2008, sono le politiche economiche ad essere chiamate a reagire prontamente agli eventi, per tentare di limitare danni pesanti ai redditi nazionali e all’occupazione, sia nei paesi industrializzati che in quelli emergenti. La politica monetaria ha risposto rapidamente alla sfida, quasi ovunque. Dapprima la Federal Reserve, a inizio marzo, ha ridotto di 50 basis points i tassi di interesse e assicurato ampio sostegno al funzionamento del mercato secondario per i titoli di Stato. Ad una settimana di distanza, la BCE, pur con errori clamorosi di comunicazione, approvava un pacchetto di misure per la verità notevoli, finalizzate a migliorare le condizioni di liquidità e di accesso al credito nell’area euro: il Quantitative easing, riattivato con 20 miliardi al mese di acquisti già da novembre, veniva dotato di ulteriori 120 miliardi, disponibili per l’acquisto sia di titoli del settore pubblico che corporate; una serie di operazioni settimanali di finanziamento a tassi negativi al settore bancario (con pieno assorbimento delle richieste) veniva prediposto per garantire pieno sostegno fino alla data del 24 giugno 2020, in cui sarà attivata una nuova ondata di operazioni di finanziamento a lunga scadenza “mirate” esplicitamente a mantenere quantomeno, se non aumentare, l’offerta di credito bancario all’economia reale, a tassi addirittura potenzialmente inferiori a quello sui depositi presso la banca centrale (-50 bps).

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