Le elezioni dello scorso 4 marzo sono da leggere come una tappa nel processo di trasformazione del sistema politico che è iniziato nel 2011 con la crisi del debito sovrano, il successivo collasso dell'ultimo Governo presieduto da Silvio Berlusconi e quindi la nascita del Governo tecnico guidato da Mario Monti.
A partire dal 1994, il sistema politico italiano si è basato su due pilastri: a destra, il pilastro è essenzialmente un individuo, Silvio Berlusconi; a sinistra, invece, sopravvive la tradizione politica post-comunista in termini di personale politico, organizzazione politica, radicamento territoriale, attorno a cui si aggiungono certo tanti altri elementi. Nel 2011 questi due pilastri che reggono il sistema politico italiano iniziano a sgretolarsi. Da subito è apparente lo sgretolarsi del pilastro di centrodestra, cioè di Berlusconi, ma in realtà abbiamo scoperto più tardi che anche l'altro pilastro iniziava a essere percorso da crepe.
È importante ricordare che questi due pilastri prendono forma, per come li abbiamo conosciuti, risucchiando in qualche modo la grande spinta anti politica generatasi nel 1992-93 con la crisi della cosiddetta Prima Repubblica. Il sistema politico, a partire dal 1994, è un sistema politico nel quale entrambi i poli utilizzano abbondantemente risorse anti politiche.
Questo è molto chiaro per quel che riguarda Berlusconi che addirittura fa una politica dell’antipolitica, con risorse retoriche e simboliche di tipo anti politico, ma vale anche a sinistra. Ciò vuol dire che continua a permanere, nel sistema politico italiano, un poderoso deposito di anti politica che i due poli, dal 1994 al 2011, risucchiano un po' da destra e un po' da sinistra – ma che non sono in alcun modo in grado di azzerare, anzi per tanti versi continuano ad alimentare. Questo spiega perché nel 2011 l’insoddisfazione verso la politica nel suo complesso fosse così forte.
Ma come siamo arrivati dal 2011 al terremoto del 2018, in particolare sul fronte destro del sistema politico italiano?